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Blackadder Imbottigliatori indipendenti Interviste

Blackadder: intervista esclusiva con Hannah Tucek

Un'intervista esclusiva all'imbottigliatore britannico Blackadder.

È con un certo orgoglio che presentiamo la nostra prima intervista esclusiva nel mondo del whisky, e cominciamo con Hannah Tucek, Responsabile Vendite di Blackadder, imbottigliatore britannico a gestione interamente famigliare.

Blackadder è stato fondato nel 1995 ed è gestito dalla famiglia Tucek, la cui filosofia prevede l’uso quasi esclusivo di single cask, senza colorazione aggiunta e senza filtrazione a freddo, imbottigliati secondo la “vecchia scuola” dato che ritengono “come la botte sia il Re. Dal sessanta al settanta percento degli aromi nel whisky vengono prelevati lentamente dalle botti in cui il distillato matura, con i cambi di temperatura che portano il whisky a entrare e uscire dal legno. Ogni botte è unica, con una propria impronta, ed è per questo che imbottigliamo buona parte dei nostri whisky da singole botti. Non crediamo nella filtrazione, che sia a freddo o con altri metodi invasivi, e non aggiungiamo mai e poi mai colori e aromi ai nostri distillati. Crediamo da sempre che la personalità dei nostri whisky sia già abbastanza ricca.”

Avendo avuto modo di provare una delle loro bottiglie (di cui troverete la recensione domani), abbiamo pensato di contattarli per poter presentare questa azienda così unica e poco conosciuta da noi.
Ringraziamo Hannah Tucek per la straordinaria disponibilità, in calce all’intervista troverete la versione originale in inglese.

Hannah Tucek

Raccontaci un po’ della vostra storia. La passione per il whisky sembra essere una cosa di famiglia, a quando risale?

Esatto, io sono nata in questo ambiente e sono cresciuta circondata dal whisky.
Prima di fondare Blackadder nel 1995, mio padre (Robin Tucek, N.d.R.) sviluppò l’amore per il whisky lavorando come giornalista specializzato nell’industria degli alcolici.
Dopo questo periodo da giornalista e addetto stampa, fondò il servizio di vendita per corrispondenza Master of Malt, che al tempo aveva anche un negozio specializzato in whisky, ma poi decise di lanciare Blackadder per imbottigliare le botti da lui scelte nel modo che riteneva più corretto.
Ecco perché mentre io crescevo casa nostra era piena di whisky… ne ha letteralmente impregnato le pareti! Quand’ero più giovane aiutavo mio padre a impacchettare gli ordini di whisky, a rimuovere le vecchie etichette dai sample, a riordinare le giacenze… insomma, quel tipo di cose. Da adolescente iniziai a dare una mano nell’amministrazione generale dell’ufficio.
Man mano che Blackadder cresceva, cresceva anche il mio ruolo all’interno dell’azienda, dato che era ormai impossibile per mio padre gestirla da solo. Mio fratello (Michael Tucek, N.d.R.) ha lavorato come chef prima di unirsi a noi: ha un naso eccellente ed è davvero bravo nel decifrare i whisky, così si occupa di scrivere tutte le nostre note di degustazione.

Mio padre è stato capace da solo di rendere la nostra impresa un successo, e io sono davvero orgogliosa di quello che ha ottenuto. È fantastico poter lavorare tutti insieme per far crescere e sviluppare ancora di più questa azienda.
È un’impresa familiare, e vogliamo mantenerla in famiglia: questo per noi è davvero importante.

Si può dire che abbiate una concezione alquanto radicale riguardo l’imbottigliamento dei whisky, in particolare se si considera la vostra linea “Raw”. Come mai questa scelta?

Mio padre una volta mi disse che quando era giornalista visitò una distilleria, e il manager gli versò un dram direttamente da una botte: lui si meravigliò del gusto davvero autentico di quel distillato. Quella sensazione è ciò che ha ispirato la nostra linea Raw Cask.
La filosofia di Blackadder è molto semplice: tutto ruota intorno alla botte, la botte decide tutto. Ciò che ci interessa è imbottigliare whisky, e ora anche altri distillati tipo rum e gin, nella maniera più semplice e pura possibile. Per quanto riguarda il whisky, l’importante è non adulterare il distillato, ecco perché non facciamo assolutamente nulla durante l’imbottigliamento. Non filtriamo a freddo o in maniera invasiva, e di certo non aggiungiamo colorante: non l’abbiamo mai fatto e non lo faremo mai! Vogliamo mantenere il distillato il più puro e naturale possibile, lasciamo che siano le personalità dei whisky a rivelarsi nelle bottiglie. Noi parliamo di “whisky della vecchia scuola” proprio perché un tempo questo era il modo di servirlo: direttamente dalla botte.
Nella linea Raw Cask lasciamo appositamente dei sedimenti in ogni bottiglia, rappresentano l’essenza del nostro marchio. Forse esteticamente non saranno il massimo del fascino, ma ci permettono di affermare che “Sì, è assolutamente vero. Non facciamo alcun tipo di filtrazione. E come prova vi abbiamo lasciato nella bottiglia un po’ di sedimento della botte.” Ovviamente non dovete per forza berlo, basta lasciarlo depositare sul fondo della bottiglia prima di versarla, ma vi possiamo assicurare che il vostro whisky avrà molto più sapore proprio grazie al suo stato naturale e non filtrato!

Quali sono le maggiori difficoltà e le soddisfazioni più grandi per un imbottigliatore indipendente?

Le maggiori difficoltà per un imbottigliatore indipendente sono il flusso di cassa e la possibilità di comprare le botti che si desiderano nel momento in cui diventano disponibili.
Durante gli anni di attività di Blackadder, la disponibilità delle botti ha avuto parecchi alti e bassi, momenti di abbondanza e di depressione. In generale, siamo stati molto fortunati nell’essere riusciti a stabilire buoni rapporti con parecchie aziende, e questo lavoro si basa davvero sui buoni rapporti, sia quando si compra che quando si vende. Con la crescente popolarità dei whisky Blackadder non ci è sempre possibile fornire a ogni cliente la quantità di bottiglie richieste, a volte siamo quindi costretti ad assegnare quote di botti in anticipo.

Le soddisfazioni più grandi? Ricevere un’email da qualcuno, magari dall’America o dalla Cina, che ha provato il suo primo whisky Blackadder e ci scrive che lo ha amato! Anche in questo senso è tutta una questione di rapporti, sia quelli con i nostri clienti (abbiamo la fortuna di lavorare con delle persone davvero fantastiche!) che con altri imbottigliatori indipendenti, e in questo caso c’è un certo cameratismo e rispetto reciproco per quello che cerchiamo di fare. E questo tipo di supporto si può vedere in tutta l’industria dei whisky.

Inoltre, col whisky c’è sempre quell’elemento di sorpresa, quel momento in cui ti trovi alle prese con una botte davvero fantastica o, ancora meglio, di averne creata una pianificando accuratamente il travaso e il tempo aggiuntivo di invecchiamento.

Hannah e suo padre, Robin Tucek

Come scegliete le distillerie e le botti per i vostri imbottigliamenti? Cercate di essere originali per evitare sentieri già percorsi o seguite semplicemente i vostri gusti e istinti?

Di fatto non imbottigliamo niente della cui bontà non siamo personalmente convinti. Ci sono alcuni marchi per i quali siamo costantemente alla ricerca di whisky dal giusto profilo di invecchiamento. Per esempio, Smoking Islay deve ovviamente essere un whisky di Islay con una bella zaffata di fumo, e la nostra linea Legendary è dedicata a whisky speciali dei quali non riveliamo il nome della distilleria.
Alla fin fine siamo comunque alla ricerca di whisky eccellenti. Alcuni li imbottigliamo nello stesso anno in cui li acquistiamo, altri decidiamo di tenerli più a lungo, e altri ancora li travasiamo. Prima di imbottigliare dobbiamo noi stessi essere soddisfatti di quella botte, altrimenti come potremmo aspettarci che i nostri clienti si godano quel dram?

Il mercato degli imbottigliatori indipendenti segue le stesse regole e difficoltà di quello mainstream o si tratta di un settore completamente diverso?

Penso che affrontiamo sfide diverse e seguiamo percorsi diversi, ma sono sicura che alcune regole valgano per tutti quanti. Alla fine, tutti noi abbiamo bisogno di avere un profitto per sopravvivere, anche se magari possiamo seguire modalità e convinzioni differenti su come ottenerlo.

Molti usano il colorante artificiale per la consistenza delle proprie bottiglie, in particolare quando si tratta di grandi numeri, e giurano che non abbia alcun tipo di influenza sul gusto e sull’aroma, ma alcuni lo considerano come “barare”. Qual è la vostra opinione?

La nostra opinione è che semplicemente non fa per noi.
Qualunque cosa si aggiunga al whisky avrà ovviamente un effetto sul suo profilo, semplicemente perché si sarà aggiunto qualcosa che prima non era lì. Filtrazioni a freddo o invasive finiranno inevitabilmente per rimuovere alcuni dei grassi e degli oli che naturalmente si combinano nei distillati. Non è un concetto poi così trascendentale.
Oggi siamo in molti a voler tornare all’essenziale, e penso che ci sia una tendenza crescente in tutta l’industria del cibo e delle bevande verso una concezione più naturale, meno adulterata, meno trattata e artificiale del prodotto. Ma a ciascuno il suo. Non ci permetteremmo mai di criticare coloro che imbottigliano whisky in maniera differente dalla nostra. Ognuno sa cosa sia meglio per sé… marchi ed espressioni diverse si adattano a mercati diversi.

Le vendite dei whisky sembrano aumentare costantemente con un simultaneo aumento dei prezzi, nuove distillerie si aprono in tutta la Scozia e l’Inghilterra, senza contare la grande incognita della Brexit. Come vedete il futuro del mercato dei whisky?

Crediamo che continuerà a crescere.
La gente ama il whisky e il mondo che lo riguarda, il whisky unisce le persone, per condividere il proprio entusiasmo, e parlare dei profili gustativi… Non si tratta di scolarsi bottiglie e ubriacarsi.
Penso che man mano che si invecchia, si è più interessati a spendere un po’ più di denaro in qualcosa di davvero significativo da gustare. Non c’è niente di più piacevole che sedersi dopo una lunga settimana di lavoro e godersi il proprio bicchiere preferito.
Tantissime nuove persone stanno scoprendo il meraviglioso mondo dei whisky. Noi abbiamo grandi rapporti con gli ottimi ragazzi della Amrut Distillery di Bangalore in India, e siamo davvero orgogliosi di imbottigliare il loro whisky, e siamo anche incredibilmente orgogliosi di aver sviluppato alcuni nostri marchi (come i nostri popolari Red Snake e Black Snake) con alcune fantastiche distillerie scozzesi.
Ora ci sono ancora più distillerie in giro per il mondo, e molte altre arriveranno. È davvero emozionante!
Noi lavoriamo a stretto contatto con la Shizuoka Distillery in Giappone, dato che mio padre è uno dei fondatori dell’azienda. Non vediamo l’ora di aiutarli col lancio dello Shizuoka Japanese Single Malt Whisky che avverrà quest’anno in Giappone e l’anno prossimo sul mercato internazionale. E sì, ovviamente a tempo debito ci sarà anche uno speciale imbottigliamento Blackadder della Shizuoka Distillery.


Le altre interviste nel blog:
Big Peat: due chiacchiere con Fred Laing
Compass Box: intervista a John Glaser

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