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Irlanda Jameson Whisky da 0 a 50 euro

Jameson Bold

Recensione della prima di un trio di versioni alternative del noto blended

Provenienza: Cork (Irlanda)
Tipologia: Blended Irish Whiskey
Gradazione: 40%
Botti di invecchiamento: Ex bourbon
Filtrato a freddo:
Colorazione aggiuntiva:
Proprietà: Pernod Ricard
Prezzo indicativo: € 50,00
Sito web ufficiale: www.jamesonwhiskey.com
Valutazione: 84/100

Nel pieno di un turbine di cambiamenti per Midleton, con la cessione di marchi noti come Tullamore D.E.W. e Paddy, anche un’etichetta consolidata come Jameson non poteva restare immune alla necessità di rinnovamento che già nel 2016 iniziava a scuotere il mondo del whiskey irlandese.
Ed ecco che, oltre al ripensamento nel design di tutto il core range, quell’anno esce una serie pensata per il mercato travel retail, in formato da litro, che voleva (nelle intenzioni) dare risalto alle caratteristiche del famoso blended, scisso in tre versioni ognuna concentrata su un singolo elemento, sotto il nome di Deconstructed Series.
Partiamo da quella più prepotente e coraggiosa, così come vuole il suo nome, in cui nella ricetta classica del Jameson è stato dato ampio spazio alla componente di pot still, avvicinandola dunque all’anima “vera” del whiskey irlandese ma restando sempre alla gradazione minima, non sia mai che poi si diventi troppo coraggiosi.
Ringrazio Whiskysamples.it per il gentile campione.

Note di degustazione

Al naso cereali e note erbacee si rincorrono tra le narici, infusi in una pastosa dolcezza di pera, pesca bianca, pasta di mandorle, propoli e una leggera ma decisa vena di noce moscata. Fondo lievemente metallico e minerale, a tratti percorso da un’impressione di zucchero muscovado. La preponderanza di pot still si sente, l’olfatto è (effettivamente) pieno e corposo.
Una bella (e inattesa) cremosità accoglie il palato, dove frutta e cereali continuano ad andare a braccetto titillati da una nota piccante piuttosto sbarazzina, mentre le componenti più dolci tendono a mettersi sullo sfondo, sferzate da note erbacee che ne abbattono ogni velleità di predominio. È infatti una certa amaroticità (Treccani perdonami!) a prevalere sulla lunghezza, spingendo l’animo vegetale e aspro a salire sul podio.
Finale non molto lungo e spigoloso, che alterna una parte più dolce e fruttata (con tocchi di miele) a una secca, aspra e speziata.

Un esperimento magari non proprio riuscito ma di certo non lascia indifferenti: nonostante la sciagurata gradazione minima, riesce a spiccare con una personalità graffiante e originale, a tratti persino incalzante, di certo tutt’altro che semplice e accomodante. Merita più di un assaggio.

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