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Il giro di Scozia in 5 distillerie: Bowmore, Bunnahabhain e dintorni

Tappa finale del tour con l'ultimo giro delle distillerie di Islay

Ultima giornata su Islay e ultima tappa per questo breve tour all’insegna del whisky, con due appuntamenti: al mattino Bowmore, nel primo pomeriggio Bunnahabhain.

Il villaggio da cui prende il nome la distilleria è davvero delizioso e, come già nei giorni precedenti, luminoso grazie al sole che illumina questi panorami scozzesi.

Il centro visitatori con lo shop all’ingresso è piuttosto piccolo ma ben fornito, dando l’occasione di acquistare qualche souvenir nell’attesa del tour che abbiamo prenotato, il Bowmore Signature Tour and Tasting.

Il tour con la nostra guida Evie parte dal pavimento di maltaggio (che copre una piccola parte della loro produzione), uno dei pochi ancora attivi in Scozia, dove come già visto a Springbank e Kilchoman l’orzo viene girato a mano dai sei ai sette giorni dopo aver passato 27 ore a bagno nell’acqua.

Dopo aver potuto mettere il naso nell’ampia sala accanto in cui l’orzo viene messo a essiccare, si passa al kiln, dove per le prime 18 ore viene bruciata la torba a questo scopo, terminando poi il processo solo con aria calda creata riciclando l’energia prodotta dalla distilleria. Non viene tralasciato l’aspetto ecologico nell’uso massiccio della torba per la produzione del whisky, in particolare Bowmore ha dei campi allocati per questo scopo, ma la quantità presente sul territorio è tale da non destare preoccupazioni, tanto che Evie ci spiega come, per esempio, anche la sua famiglia abbia un proprio campo di torba, dove lei stessa è andata a tagliare (con molta fatica) qualche zolla.

È ancora una volta il mulino realizzato da Porteus (ne abbiamo parlato per Springbank) a macinare l’orzo preparando il grist che poi finirà nel mash tun, immerso in acqua calda per diverse ore per poi essere spostato nei sei tini (washback) per la fermentazione. Quando subentrò la proprietà giapponese diversi anni fa, vennero introdotti tini di metallo, ma non essendo soddisfatti della resa, si tornò a quelli in legno di pino utilizzati tutt’ora, con ognuno di loro che porta il nome dei diversi proprietari di Bowmore nel corso della storia.
Si arriva quindi ai quattro alambicchi che producono i circa 2 milioni di litri di distillato, purtroppo visitabili solo dall’alto di una scala per questioni di sicurezza, ma la visione di queste enormi pentole è sempre emozionante, anche da distante.

Un tour di Bowmore non può non includere la visita alla N°1 Vaults, il magazzino per le botti più antico di Scozia che si ritrova al di sotto del livello del mare: purtroppo in questo caso è concesso solo entrare in una saletta interna con pareti a vetro per poter guardare dentro la warehouse, con alcune botti (vuote) da annusare e attrezzi storici appesi alle pareti.
Nonostante questo, si riesce comunque a percepire l’atmosfera di un luogo così pregno (letteralmente) di storia e aromi, dalla temperatura costantemente bassa (e benvenuta in quelle giornate calde) e con l’emozione di vedere, seppur dietro un vetro, botti dalle età importanti come quelle allocate alla monarchia britannica.

Si ritorna nel centro visitatori, in una saletta per la degustazione di tre dram: il 18 anni parte del core range e due single cask, ex bourbon (11322 al 54,3%) ed ex sherry (11262 al 54,6%) dall’età non dichiarata, un ottimo viatico per provare le diverse sfumature del whisky prodotto da Bowmore.
Passaggio al piano superiore, dove si trovano esposte alcune bottiglie storiche, e dove si possono provare diversi dram al piccolo bar con vista sull’oceano.

Una visita essenziale ma ben costruita, che anche grazie alla preparazione e spigliatezza della nostra guida (giovane e davvero molto brava) sa comunque offrire una visione completa della distilleria: quello che ho notato in ognuno di questi tour “base” è che riescano, pur nell’inevitabile brevità, a dare sempre qualcosa di unico e diverso rispetto alle altre distillerie.

Dopo pranzo, inizia lo spostamento per Bunnahabhain, dove lungo il percorso con una breve deviazione si può passare dalla nuovissima Ardnahoe, che ancora non offre il proprio whisky ma presenta un centro visitatori davvero ampio e ricco, grazie a tutti gli imbottigliamenti della proprietà Hunter Laing, con un bar (manco a dirlo) dalla vista magnifica.

Bunnahabhain si raggiunge dopo un lungo e panoramico percorso, superando dapprima i magazzini e arrivando infine alla distilleria su una baia. Centro visitatori minuscolo ma con una terrazzina da cui si può godere del panorama standosene ben comodi su una sdraio.

Il Distillery Production Tour parte dagli esterni, realizzati in pieno stile industriale il cui aspetto un po’ scuro e poco accogliente portò la proprietà a decidere di dare pesanti mani di intonaco bianco per ravvivarne l’aspetto, secondo me snaturando quella che era una peculiarità della distilleria che ancora si può godere nell’arco di ingresso alle parti produttive.

Non avendo pavimento di maltaggio, la visita parte direttamente dal mulino (ovviamente a marchio Porteus) per poi spostarsi ai vari stadi produttivi: un unico, enorme mash tun da 12 tonnellate e mezzo in cui il grist si ammosta per circa dodici ore, sei washback in legno di pino dall’aspetto magnificamente vissuto, fino ai quattro alambicchi, anche qui visionabili solo dalla distanza.
Visita finale alla warehouse, dove viene espressa una particolarità di Bunnahabhain: per consuetudine, le distillerie abbassano la gradazione alcolica del new make al 63,5% prima di imbottare, mentre qui da loro si sceglie quella del 64%, ritenendola più adatta al loro distillato.

Degustazione di due NAS a fine tour (il torbato Toiteach A Dhà e il non torbato Stiùireadair), in quella che ammetto essere stata la visita meno entusiasmante delle cinque fatte in questi pochi giorni: certo, essendo un tour base non che ci si potesse aspettare molto, ma forse anche perché fatto per ultimo si è rivelato un po’ troppo base.

Trovandosi in zona ma essendo ormai oltre l’orario di apertura delle distillerie (che difficilmente va oltre le cinque del pomeriggio), vale la pena fare il giro della tripletta di distillerie vicino Port Ellen, dove se di Lagavulin si può solo guardare l’ingresso, di Laphroaig e soprattutto Ardbeg si possono esplorare i piazzali interni.
In particolare quest’ultima si distingue per l’atmosfera decisamente pop che è ormai la firma della distilleria degli ultimi anni, con ben visibili le decorazioni a tema Planet Ardbeg.

Basta seguire la lunga strada dopo Ardbeg per godere di altri paesaggi spettacolari, incrociando qualche abitante del luogo, fino ad arrivare all’emozionante croce che tutti gli appassionati di Ardbeg conoscono: Kildalton.

Tante altre cose ci sarebbero da aggiungere su luoghi e persone incontrati in questo breve viaggio tra Campbeltown e Islay, parlando di cucina (che sa essere ottima e curata anche per gli esigenti palati italiani), di cervi, lepri e altri animali selvatici, dei panorami a perdita d’occhio, della gentilezza e delle chiacchiere con la gente del luogo, degli interminabili spostamenti tra un luogo e l’altro con il navigatore che dava un’ora per percorsi che richiedevano il doppio del tempo, ma che ripagavano con territori dalla bellezza unica ed emozionante.

Perché se è bello poter visitare le distillerie che abbiamo nel cuore, ancor di più è visitare i luoghi a cui sono legate a doppio filo per la storia e per le comunità che le abitano.
Perché, come dice Dave Broom, il whisky è cultura, è società, è territorio, è ciò che ci dà il senso di un luogo.

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