fbpx
Campbeltown Dràm Mòr Imbottigliatori indipendenti Notizie sul whisky Scozia Springbank Tour delle distillerie

Il giro di Scozia in 5 distillerie: Springbank e il Kintyre

Prima parte del mio tour della Scozia, con tappa iniziale a Springbank

I primi di giugno, pochi giorni dopo la fine del Fèis Ìle, ho passato una settimana in Scozia, una permanenza breve ma intensa, per lo più passata su Islay ma con un’immancabile tappa a Campbeltown per una delle distillerie che amo di più:

Un momento di raccoglimento prima di entrare

Prima di scendere lungo la penisola del Kintyre, ho fatto tappa a Dumbarton, vicino Glasgow, per incontrare finalmente la meravigliosa coppia dell’imbottigliatore indipendente Dràm Mòr: Viktorija e Kenny Macdonald.
Si è parlato molto di quello che sarà decisamente il filo conduttore di quasi ogni conversazione in questi giorni, ovvero il cambiamento climatico e quanto stia impattando sulla produzione del whisky, non solo per la coltivazione delle materie prime, ma soprattutto per gli invecchiamenti: l’aumento delle temperature sta portando a isolare maggiormente i dunnage in cui riposano le botti per non ritrovarsi con angel’s share tropicali.
Poi la crescita del costo delle botti, la sempre maggiore difficoltà a reperirle, la decisione di Diageo di rendere la malteria di Port Ellen esclusiva per le proprie distillerie (scelta che era attesa da tempo ma non per questo meno problematica), il futuro del mercato… e la possibilità che finalmente le loro bottiglie possano arrivare in Italia!

Il dinamico duo di Dràm Mòr con il loro blended, Dumbarton Rock

Ci sono due vie per scendere a Campbletown lungo la penisola, noi scegliamo quella orientale dovendo il giorno seguente risalire da quella occidentale per il ferry verso Islay da Kennacraig, e il percorso offre panorami mozzafiato, graziati da un tempo spettacolare, tra cui una vista impagabile sull’isola di Arran.

Lungo la via, una sosta per assaporare delle ostriche freschissime e gustose sulla riva del Loch Fyne.

Ci vogliono circa una cinquantina di minuti in auto per percorrere tutta la costa fino a Campbeltown, ma i tempi si allungano inesorabilmente con tutte le volte che ci si ferma per ammirare paesaggi, paesini e l’immancabile cimitero in riva all’oceano.
E alla fine, si raggiunge la città…

La mattina dopo, appuntamento alle 10:15 da Springbank per il tour From Barley to Bottle, che in quattro ore promette di far vedere tutto ma proprio tutto il dietro le quinte della distilleria, compreso un piccolo pranzo al Washback Bar, da dove parte il tour con un piccolo “breakfast dram”: un Hazelburn 23yo!

La visita inizia dal pavimento di maltaggio, dove ogni quattro ore, giorno e notte, l’orzo in germinazione viene manipolato a mano con due attrezzi: un classico rastrello e una sorta di “carretto” molto pesante, con lo scopo sia di girarlo che di mantenere separati tra loro i germogli man mano che crescono. Il malting floor ha delle finestrelle che danno direttamente sulla strada, si può quindi “spiare” anche dall’esterno.

Prima di arrivare al maltaggio, l’orzo viene lasciato ad ammostare in vasconi appositi pieni di acqua fredda fino a tre giorni, verificandone continuamente la profondità con sofisticati sistemi ad alta tecnologia come mostrato nell’ultima foto.

La quasi totale mancanza di sistemi sofisticati o informatici è caratteristica preminente di tutta la lavorazione a Springbank, usando attrezzature sicuramente datate ma ancora affidabili, in cui l’intervento umano è quindi essenziale: le macchine non sono in alcun modo autonome e richiedono costante supervisione, come nel caso dei nastri trasportatori per l’orzo, da cui com’è intuibile diversi chicchi possono cadere e vengono raccolti e ributtati in corsa con delle pale.

Una volta che l’orzo è arrivato allo stato di germinazione necessario per la produzione di zuccheri naturali, va essiccato sia per bloccarne la crescita, sia per infonderlo dei fenoli (misurati in ppm) che daranno poi la torbatura ai whisky a marchio Springbank e Longrow.
Per farlo, vengono usati due tipi di torba, quella secca per il calore, quella umida per produrre i fumi necessari ad aggiungere aroma. Per l’orzo destinato a diventare Hazelburn, viene usata solo torba secca e aria calda.
Data l’alta richiesta di whisky torbati, è lecito chiedersi se la raccolta della torba sia ancora sostenibile: ci viene spiegato che la quantità già presente nel territorio scozzese è tale da non essere a rischio per moltissimi anni, ma esistono comunque dei progetti avanzati per dare vita a delle specie di “serre” in grado di produrre torba sostenibile nell’arco di dieci anni invece dei migliaia richiesti in natura.
E già mi immagino le distillerie che si vanteranno di usare solo torba naturale…

Al termine dell’essicazione, l’orzo maltato viene raccolto in contenitori conici per farlo confluire nel mulino in cui verrà macinato, separandolo in tre parti: gusci, germoglio e farina, cercando di limitare la produzione di quest’ultima quanto più possibile per non “impastare” il mash.
Un filo conduttore di tutte le distillerie visitate sarà il mulino usato per macinare l’orzo, realizzato da un’azienda che non esiste più: la Porteus di Leeds. Si tratta di mulini risalenti ai primi anni del secolo scorso, realizzati con tale maestria e materiali così affidabili che Porteus dovette fallire negli anni ’60, dato che nessuno dei suoi macchinari aveva mai avuto bisogno di essere sostituito. I macchinari che si trovano nelle varie distillerie o sono quelli originali o sono stati procurati tramite aste, ricercati come diamanti.
Questo ha reso preziosissima la manutenzione, di fatto portata avanti da una sola persona che gira per tutte le distillerie (anche se gli addetti, in casi di emergenza, ricorrono ad abili “accrocchi” per non fermare la produzione). Per fortuna il sapere sta venendo passato alla generazione successiva…

Ora bisogna mettere a bagno quanto macinato (il grist) in un enorme vasca di acciaio (mash tun) risalente ai primi del secolo scorso, in tre diversi bagni di acqua calda per consentire l’estrazione degli zuccheri nel liquido che poi andrà messo a fermentare (il wort).
Qui è stata la prima volta che ho visto un apparecchio digitale in distilleria, ben nascosto all’interno di una colonna: un display per verificare la temperatura all’interno del mash tun.

Il wort viene convogliato in sei tini di legno (washback), si aggiunge il lievito e ha inizio la fermentazione, quella che porterà alla produzione dell’alcol fino a gradazione circa del 8%, una sorta di birra “sporca”, un processo che richiede fino a 110 ore, a seconda di quali aromi si desideri estrarre dal liquido.

E infine si arriva alla distillazione vera a propria, con i tre alambicchi a disposizione di cui uno (il wash still, il primo passaggio) a fiamma diretta, uno dei pochissimi ancora in uso in Scozia.

Nella spirit safe avviene il taglio di testa, cuore e coda per creare il new make, sempre seguendo metodi rigorosamente artigiananali con registri compilati a mano. E ho l’occasione di provare un new make, anche direttamente alla fonte…

La fontana della giovinezza

Il new make viene raccolto in una enorme tanica di metallo per essere poi riversato nelle botti di invecchiamento.

Botti che vengono trasportate a invecchiare nella warehouse, dove ci aspetta un assaggio di uno Springbank di 32 anni (notevole, anche se personalmente preferisco invecchiamenti più giovani) e uno direttamente dalla botte…

Breve pausa per il pranzo, prima del gran finale…

…in cui si crea la propria bottiglia!
Guidati da Finlay Wylie (assistente alle vendite), ci mettono a disposizione sei ampolle con cui creare il proprio blend personalizzato di Springbank: un first fill ex bourbon di 14 anni (54,5%), un refill ex sauternes di 11 anni (56,3%), un refill ex porto di 11 anni (53,8%), un refill ex rum di 15 anni (55,6%), un refill ex sherry di 11 anni (53,5%) e un first fill ex sherry di 14 anni (54,1%).

Io sapevo di voler avere una base ex bourbon e niente sherry, dovevo decidere le proporzioni… dopo varie prove (e circa mezz’ora di chiacchiere con Finlay e la coppia con cui ho diviso il tour), ho fatto la mia scelta, calcolate le proporzioni e versato nel misuratore le varie parti del mio blend.

Si versa nella bottiglia, si verifica con un apparecchio la gradazione alcolica, etichetta personalizzata, sigillo… e la bottiglia è pronta!

Un tour intenso, pienissimo di informazioni ed emozioni impossibili da riportare a parole: mi perdonerete se in questa cronaca sono stato avaro di dettagli tecnici, ma volevo trasmettere l’intensità di un’esperienza simile che ogni appassionato di whisky (e non solo di Springbank) dovrebbe provare.

Ora si parte per Islay… ma questo è materiale per un altro articolo…

Grazie alla paziente Maria Angela per tutte le foto.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: