
I contadini ucraini hanno lasciato i campi per andare a difendere il proprio paese, i loro trattori sono stati requisiti, e le prospettive per il raccolto di quest’anno da uno dei grandi panieri del mondo, è in serio dubbio.
Aggiungete i loro vicini colpiti dalle sanzioni, la Russia, e stiamo parlando di quasi un terzo delle esportazioni totali di grano in Europa. L’Ucraina è anche uno dei primi cinque produttori di orzo, anche se per lo più non è destinato al malto per la produzione di alcolici come il whisky scozzese.
“In termini di catena di approvvigionamento, l’Ucraina non avrebbe un impatto massiccio sul Regno Unito, che è autosufficiente per quanto riguarda l’orzo”, dice Colin Johnson di Crispmalt, uno dei principali produttori di malto indipendenti del paese. “Dove la crisi sta avendo un impatto è sui prezzi a termine, e sembra che sarà il problema maggiore per il prossimo raccolto”.
John Stirling, co-fondatore di Arbikie, la distilleria “dal campo alla bottiglia” realizzata nella fattoria di famiglia di 2.000 acri vicino a Montrose, afferma: “L’anno scorso il frumento stava intorno alle 130 sterline a tonnellata, e già il mercato a termine per ottobre/novembre è a 220/230 sterline”. L’orzo da malto è un cereale diverso, ma per ragioni che gli sono misteriose, il suo prezzo è fissato sul prezzo a termine del frumento più 20-25 sterline a tonnellata.
“Ho capito come sia una stratagemma creato da Diageo per comprare a termine prima che il cereale sia cresciuto”, dice Johnson.
Ma se i distillatori dovranno pagare più di 250 sterline a tonnellata per il loro orzo maltato quest’autunno, Stirling ritiene che sia qualcosa cui dovranno abituarsi, essendo più vicino a un prezzo equo e sostenibile per gli agricoltori scozzesi. E se questo porterà ad aggiungere 25-30 pence al prezzo di un single malt, l’orzo maltato costerà comunque meno del tubo di cartone in cui arriva la bottiglia.
“Usiamo l’orzo scozzese, quando possibile” è la politica standard del settore, e bisogna dar credito ad alcune aziende per aver abbracciato l’approvvigionamento locale. Gli esempi includono Chivas Bros con Glenlivet e Aberlour, Bruichladdich su Islay e Fettercairn, il cui malto d’orzo deve provenire da 200 agricoltori locali in un raggio di cinquanta miglia.
Alcuni però non sono contrari a importarlo, per esempio dalla Danimarca o dalla Svezia: “E la ragione per farlo non è la carenza in Scozia, ma perché è più economico”, sostiene Stirling. Ma in nome della trasparenza, vuole che la provenienza del grano venga indicata sulle etichette del whisky.
Anche se non è il primo agricoltore che si lamenta dei prezzi, ha un forte interesse per l’ambiente. “Quando si deprime il mercato per così tanto tempo, si ricorre a qualsiasi cosa per massimizzare le rese”, dice. “Ti limiti a spargere fertilizzante, accumuli i prodotti chimici e non ti preoccupi di rendere il tutto più sostenibile. Non c’è dubbio che se paghi qualcuno di più è probabile che tu riceva una cura migliore”.
Un secolo fa, l’industria del whisky scozzese importava molti più cereali, e alcuni distillatori erano ben felici di procurarsi l’orzo anche dall’Australia. Gli agricoltori scozzesi sono diventati molto più bravi a coltivare l’orzo primaverile e oggi forniscono forse il 70-80% del fabbisogno dell’industria, mentre la maggior parte del resto viene dall’Inghilterra. Tuttavia, viene coltivato più intensamente che mai per soddisfare la volontà dei distillatori di ottenere la massima resa alcolica. Forse dovrebbero allentare questa ossessione?
Nuovi ceppi di orzo, coltivati per la loro resa, dominano i campi, il che non è un bene per la biodiversità e forse nemmeno per il sapore, tuttavia c’è un crescente interesse per le “varietà storiche” a basso rendimento e per il tipo di malti speciali che hanno a lungo entusiasmato i birrai.
Molti distillatori sono scettici sul fatto che quei diversi sapori di malto nella birra possano sopravvivere alla distillazione, ma Colin Johnson insiste sia possibile. Come mi ha detto nel 2020: “È sorprendente prendere qualcosa con il 15% di chocolate malt e rendersi conto di quanto di quel carattere tostato si ritrovi nell’alambicco”. In termini di whisky, crede che “il punto di svolta sarà nei prossimi due anni, quando alcuni di questi prodotti arriveranno sul mercato”.
Nel frattempo, John Stirling è convinto che i grandi distillatori potrebbero fare una differenza significativa nel modo in cui l’orzo viene coltivato in Scozia, se davvero lo volessero. Arbikie ha appena rilasciato un cortometraggio proprio pensando a questo, che presenta, tra gli altri, il biologo vegetale Pete Iannetta del James Hutton Institute. “La Scozia è un marchio, specie per quanto riguarda il whisky”, afferma. “Quel marchio sopravvive solo fintanto che continuiamo a nutrire il nostro ambiente”.