fbpx
Irlanda Notizie sul whisky

Le regole per il whiskey Pot Still irlandese stanno per cambiare

Quello che sapevamo sul single pot still potrebbe essere sbagliato

Adattamento di un articolo di Adam O’ Connell per Master Of Malt

Molti dei whisky che amate sono protetti da un disciplinare, ovvero un quadro legislativo e una definizione legale che dettano ciò che quel whisky può e non può essere.
Nel 2014, dopo sei anni di discussioni tra i membri dell’Irish Spirits Association, è stato pubblicato il disciplinare dell’Irish Whiskey, e una delle definizioni più significative che ha stabilito è quella del whiskey irlandese single pot still, affermando come debba essere realizzato da un mash che contenga un minimo del 30% di orzo maltato e un minimo del 30% di orzo non maltato, con un massimo del 5% di altri cereali come avena, grano e/o segale.

C’è però una proposta di aggiornamento del disciplinare di produzione per riflettere l’accuratezza storica dello stile, aumentando la proporzione di cereali diversi dall’orzo maltato e non maltato al 30%.
Ci è stato riferito dalla Irish Whiskey Association che ci sono diversi emendamenti proposti al disciplinare di produzione su cui ha lavorato per molti mesi il comitato tecnico dell’IWA, composto da esperti di spicco di tutto il settore in contatto con i membri dell’associazione. Il consulente legale Carleen Madigan, che parla a nome dell’associazione, dice che queste proposte sono state presentate al Dipartimento dell’agricoltura, dell’alimentazione e della marina, nonché al Dipartimento dell’ambiente, dell’alimentazione e degli affari rurali, in qualità di titolari irlandesi e britannici dell’IG (Indicazione Geografica).

Per saperne di più ho parlato con Madigan e con Peter Mulryan, co-fondatore e amministratore delegato della Blackwater Distillery, Brendan Carty, fondatore e mastro distillatore della Killowen Distillery, e Matt Healy, ex manager delle vendite all’esportazione globale della Boann Distillery e ora senior export sales manager della Clonakilty Distillery.

Il whiskey single pot still è un argomento delicato perché è lo stile di whiskey esclusivo dell’Irlanda, che si distingue grazie all’uso di orzo non maltato, cosa non comune nella produzione di whisky al di fuori del paese. Ci sono prove storiche che l’orzo non maltato fosse in uso da prima che le leggi fiscali lo rendessero conveniente, anche se l’introduzione di una tassa sul malto nel 1785 ha certamente contribuito a renderlo popolare in quanto astuto espediente per i produttori di whiskey irlandesi. Oggi, il suo profilo nocciolato, oleoso e speziato è unico e molto apprezzato.

Nell’era moderna, questa categoria è stata definita da prodotti come Redbreast e Green Spot, con il pot still che costituisce anche la miscela per Jameson. Dato che gli unici produttori erano Irish Distillers, quando venne il momento di una definizione storica, il documento si rifaceva al whiskey prodotto da Midleton. I rappresentanti di Bushmills, Tullamore DEW, Cooley Distillery e Irish Distillers approvarono tutti il documento finale, ma da allora il panorama è cambiato considerevolmente, con una ventina di distillerie che sono emerse nell’ultimo decennio. Nella nuova era, molti hanno trovato questa legislazione restrittiva, così come un riflesso impreciso della storia e della tradizione dello stile.

Per quello che vale, il credito deve andare a Irish Distillers (che ha rifiutato di commentare) per aver mantenuto il single pot still ancora vivo sulla scena mondiale con grandi whiskey come il Redbreast 12yo, ma, come dice Mulryan di Blackwater, la definizione attuale è figlia di un monopolio. È da tempo che sulla questione esprime le proprie idee senza peli sulla lingua (qui trovate un suo pezzo sull’argomento, in inglese), e afferma che “da sempre (e fino al 2014, quando l’IG divenne operativa), solo una distilleria ha prodotto whiskey pot still conforme, e sono stati proprio i nostri amici di Midleton”. Carty concorda come “sia stata scritta per soddisfare il metodo di produzione del whiskey di un’azienda, senza rispettare il patrimonio del pot still tradizionale”.

Vari esempi nel corso della storia supportano questa conclusione, con registrazioni di mashbill dal 1800 al 1966 che dimostrano come fosse comune l’uso di molto più del 5% di altri cereali. Nel Surveys of Excise Report di Samuel Moorewood (pubblicato per la prima volta nel 1824 e aggiornato nel 1838), per esempio, si afferma che la pratica generale nella distillazione in Irlanda includeva “approssimativamente il 25-43% di porzione di avena o grano”. Mentre nel 1831 un rapporto del Board of Excise definiva il mashbill irlandese più diffuso composto per “2/3 di malto e orzo grezzo e 1/3 di avena”.

Healy di Clonakilty afferma che in ogni decennio dall’inizio del 1900 è uscito almeno un whiskey single pot still che ora non soddisferebbe più la definizione della categoria da cui proviene, e conclude che “l’intero punto fondamentale di una IG europea è quello di proteggere i metodi di produzione tradizionali di una categoria, e questa definizione moderna certamente non soddisfa nessuno dei metodi tradizionali”, aggiungendo che l’effetto non è solo quello di negare la storia, ma di soffocare l’innovazione.

Nel dicembre 2020, i membri dell’IWA hanno finalmente convenuto che una revisione era necessaria. L’aggiornamento della legislazione è stato al centro di un acceso dibattito all’interno del whiskey irlandese per molti anni, ma cambiare una IG non è un compito facile e l’IWA (a differenza della Scotch Whiskey Association) non ha poteri statutari. Mulryan lo descrive come un “gruppo lobbysta con il 92% dei finanziamenti provenienti dalle quattro maggiori multinazionali”. Aggiunge che “questa ‘rivisitazione’ del disciplinare è stata possibile solo perché Pernod, ovvero Irish Whiskey PLC, era d’accordo con il cambiamento”, e che questo è avvenuto solo grazie al dibattito scatenato da blog come il suo che “hanno reso lo status quo impossibile da mantenere”.

Healy dà credito anche alla nuova ondata di distillatori di whiskey irlandese che sta cercando di “esplorare la storia culinaria perduta del panorama irlandese” e che ha “spinto contro questa definizione restrittiva che è stata presumibilmente messa in atto per proteggere l’industria dall’esterno, incatenandola dall’interno”. Aggiunge come sarebbe difficile trovare qualcuno che, nei fatti, sia contro il cambiamento, riferendosi in particolare alle distillerie già citate. Organizzazioni come l’Irish Whiskey Guild (che include produttori del calibro di Killowen e Blackwater, così come Louise McGuane e Dathai O’Connell) sono state anch’esse cruciali secondo Carty, compiendo un lavoro vitale per creare “un’industria del whiskey più integra e inclusiva in tutto il mondo”.

Un’altra persona che ha aiutato a smuovere le acque più di chiunque altro è il dottorando, autore e antiquario Fionnán O’Connor. Healy e Carty si sprofondano in lodi per lui e “la sua dedizione a questa verità”. La sua ricerca sui mashbill storici del whiskey irlandese attraverso gli archivi fiscali, di distillerie e produttori, ha portato alla luce una storia complessa e avvincente della produzione del whiskey irlandese che va dalla fine del XVIII secolo fino alla prima metà del XX. Il suo lavoro dettaglia un ricco arazzo di mashbill misti, e la regola 30/30/30 è stata proposta da lui stesso sulla base del fatto che avrebbe incluso quasi tutte le ricette fatte tra il 1855 e il 1968, oltre a rendere conto degli alti mashbill di avena e grano dei primi anni del 1800. E sta lavorando con Boann per far risorgere alcune di queste ricette.

La conclusione di tutto questo lavoro è stata riconoscere, a livello di categoria, che l’espansione rifletterebbe più accuratamente i tradizionali mashbill pot still irlandesi, con Madigan che dice come “sia evidente che l’attuale limite del 5% non rifletta accuratamente la storia gastronomica o industriale della produzione pot still”.

Naturalmente, una modifica come questa porterà alla creazione sia di whiskey completamente nuovi che di alcune resurrezioni di ricette che non vediamo da molto tempo. I nuovi sapori non saranno solo guidati dall’aumento di altri cereali, ma da come reagiscano e si completino tra loro: è lecito attendersi che l’avena aggiunga note dolci e cremose, e che la segale porti elementi di spezie e mentolo, per esempio. Ma quando questi elementi fanno parte di un mashbill più ampio, con orzo maltato e non maltato combinato con approcci moderni alle fermentazioni metodiche e sperimentali così come una maturazione in botte efficiente e di qualità, il potenziale è infinito.

Mentre non c’è un unico sapore tradizionale del whiskey irlandese, Healy spiega che questi è sempre stato pieno di cereali misti, con la produzione di malto singolo che non ha mai costituito più del “5% del whiskey all’anno negli ultimi 200 anni”. Aggiunge che l’isola era inondata da “una miriade di sapori che cambiavano con le forze agro-economiche del momento. A volte il grano era in crescita, a volte l’avena era in calo. Le miscele sono un’invenzione moderna con la loro prima vera incursione sulla scena negli anni ’60, e i malti in senso commerciale negli anni ’90”. Per riassumere, i sapori si evolvono, e i distillatori dovrebbero essere entusiasti di essere in grado di resuscitare quelli dei secoli passati mettendoci un tocco moderno.

Carty, nel frattempo, afferma come la storia del pot still sia più di una semplice evasione delle accise, e che si tratti di un patrimonio distillatorio irlandese più complesso del single malt. Crede che questa legislazione dovrebbe essere una piattaforma per la scoperta e che ogni distilleria dovrebbe vantarsi dei propri mashbill “come un buon ristorante farebbe con le proprie ricette”. Aggiunge come dobbiamo stare attenti a non essere nostalgici di un tempo passato e che questo non è un approccio in stile Make America great again al pot still. “Sappiamo che il vecchio alambicco porta sapori di scorza di melone cantalupo, spezie dolci e una bella consistenza di cuoio, ma le cose si evolvono e l’Irlanda ora vanta alcune delle distillerie più moderne del mondo. Il pot still di Killowen sarà rilasciato in aprile; porta note di spezie più vibranti delle sue controparti storiche. Riconoscere la nostra storia è vitale, imitarla non lo è”, spiega.

Madigan chiarisce come in questo emendamento ci siano altre implicazioni in quanto, se adottato, permetterà “miglioramenti nell’efficienza della produzione di grain whiskey irlandese che si accordi con la pratica tradizionale e supporti una maggiore sostenibilità”. È un degno promemoria del fatto che i produttori pionieri di whiskey single pot still abbiano più responsabilità della semplice creazione di nuovi whiskey: questa è una preziosa opportunità per rivedere le pratiche sostenibili di produzione e per ricordarsi come ciò che non possa andare perso nella corsa verso nuovi orizzonti siano la qualità e l’integrità del whiskey irlandese.

Lo Scotch ha dimostrato quanto la legislazione possa essere cruciale per sostenere la reputazione di una categoria, la preoccupazione è che i nuovi arrivati giochino troppo con le regole: il single pot still è un prodotto quintessenzialmente irlandese, e svalutarlo avrebbe gravi conseguenze. Madigan, per quel che vale, dice che queste proposte non altereranno “le caratteristiche organolettiche del whiskey irlandese né modificheranno le fasi prescritte di produzione o la sequenza delle stesse, e dovrebbero quindi essere prese in piena considerazione dalle autorità competenti”. Ma dovremmo comunque essere vigili. È confortante sapere che organizzazioni come l’Irish Whiskey Guild e produttori come Mulryan non abbiano problemi a fare i nomi di coloro che compromettono il buon nome del whiskey irlandese.

In definitiva, è difficile non essere incredibilmente galvanizzati dal potenziale di questa scelta e rincuorati dagli sforzi del settore per attribuire una denominazione più storicamente accurata al single pot still. Nel diffondere la buona novella del whiskey irlandese in tutto il mondo, questo stile unico è vitale, così come essere in grado di comunicare al consumatore che nel suo bicchiere stia versando una storia, piena di tradizione e di innovazione.

Healy conclude come questa mossa permetta ai distillatori di mostrare al mondo di cosa è capace l’Irlanda. Per Carty, questo sviluppo può essere riassunto in una parola: “integrità”. E Mulryan? Dice che è l’ora di divertirsi.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: