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Italia Poli

La via italiana del whisky: Distilleria Poli

Una visita alla distilleria Poli con il loro primo whisky
Andrea Poli, Barbara Poli, Cristina Tessari e Jacopo Poli

Nata nel 1898 per volontà di Giobatta Poli, la distilleria che prende il suo nome si dedica alla produzione di grappa, distillato molto amato in tutto il Veneto (e non solo), coinvolgendo da subito tutta la famiglia, che di padre in figlio porta avanti ed espande l’attività, pur tra alterne fortune e grandi difficoltà dovute a momenti storicamente difficili per il settore e vere e proprie sciagure come la nota nevicata del 1985, che provoca seri danni alla distilleria.

Oggi guidata dai nipoti (Jacopo, Andrea, Giampaolo e Barbara), il nome Poli da tempo non è più legato solo alla grappa ma anche a liquori, distillati di frutta e vino e non ultimo il gin (Marconi 42 e 46), che ha segnato il primo passo al di fuori di una tradizione produttiva ormai consolidata.

E in quello che per molte distillerie all’estero è un passo quasi naturale dopo il gin, nel 2013 nasce l’idea di realizzare per la prima volta un whisky di puro malto, che sappia unire la tradizione scozzese all’ingegno e inventiva italiani.

Ecco che, dopo lunghi studi su come adattare la lavorazione tradizionale per distillare l’orzo maltato, viene modificato Athanor, un alambicco a bagnomaria con due colonne di distillazione a piatti il cui nome non a caso si rifà alla tradizione alchemica, che a partire da malto torbato e non produce il new make che, sul finire del 2021, ha dato vita al primo batch del loro whisky: Segretario di Stato.

Lo scorso 23 febbraio ho avuto l’onore (e il piacere) di essere invitato dalla famiglia Poli (assieme a esperti di settore e agli amici di Whisky Facile, il cui resoconto della giornata potete leggere qui) a un evento presso la loro sede di Schiavon, in provincia di Vicenza, per farci scoprire come sia nato questo progetto così coraggioso e come potrà evolvere nel futuro, il tutto alla presenza di tre nomi molto noti agli appassionati di whisky: Claudio Riva, Davide Terziotti e Roberto D’Alessandro.

Come ci ha raccontato Jacopo Poli, che in questo progetto ha messo anima e cuore, le difficoltà nell’avvicinarsi a un distillato radicalmente diverso da quelli prodotti fino ad allora, tanto come lavorazione che consumo, non sono state poche, e partendo da lunghe visite in Scozia e affidandosi a esperti nella distillazione, si è giunti alla scelta della materia prima: orzo maltato di provenienza europea, sia torbato che non.
Fermentazione di 7-8 giorni (eseguita in un birrificio di fiducia), cui segue una fase di riposo di una decina di giorni prima della distillazione, il tutto alternando i due malti che vengono poi uniti in botte in una proporzione al 60% non torbata e al 40% torbata. Abbiamo provato il new make appena distillato (in versione torbata), a 72 gradi alcolici, ed è incredibile come già presenti un comparto aromatico ben marcato e sostanzioso, dove la torba è una nota che emerge specie in lunghezza. La spalla promette molto bene.

Abbassato a 55 gradi per motivi di legge, il new make passa cinque anni in botti di rovere europeo che hanno contenuto vino, facendo seguire un affinamento con cui la distilleria vuole marcare la territorialità del proprio prodotto, usando botti ex amarone, il noto vino rosso della Valpolicella.
Nel primo batch l’affinamento è durato oltre un anno in botti di primo riempimento, per il prossimo i tempi saranno più brevi riutilizzando anche le botti iniziali.
Avendo potuto assaggiare il distillato direttamente dalle due tipologie di botti (con una procedura che, a causa delle rigide regole fiscali nostrane, non è esattamente facile), posso dire che nel secondo riempimento il whisky trova una sua dimensione più armonica.

Claudio Riva illustra il distillato prelevato dalla botte

Lavorazione artigianale, attenzione al territorio (l’acqua utilizzata proviene dal vicino Monte Grappa), ricerca, voglia di scoprire, imparare e sperimentare dando vita a un whisky che con appena sei anni di maturazione mostra una complessità e struttura da fare invidia a molti cugini scozzesi. E i progetti, le idee, le sperimentazioni che sono uscite da quella che è stata una giornata di confronto e chiacchiere tra appassionati, sono il segno di una sinergia tra passione e concretezza che è il motore alla base di un whisky di cui sentirete parlare molto.
Presto leggerete le mie impressioni sul primo batch (edizione limitata non a caso a 1898 bottiglie), mentre il secondo uscirà tra qualche tempo con una resa sempre intorno alle 2000 bottiglie, giocoforza limitata anche dagli spazi disponibili nei magazzini della distilleria.

Ma perché Segretario di Stato? Be’, di questo ne parleremo in un’altra occasione…

Grazie di cuore a Jacopo e Cristina per la splendida e generosa ospitalità, a tutto lo staff che si è prodigato per farci entrare nell’atmosfera accogliente di un’azienda che è (davvero) una grande famiglia, e grazie a Lorna, che ha voluto coinvolgermi in questa bellissima giornata.
Se vi capita di passare da Schiavon, fate una visita alla distilleria e al museo: sono un’esperienza piena e ricca di storia.

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