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Filtrazione a freddo: la scelta del distillatore

Pro e contro della filtrazione a freddo.

Un articolo di Matt Strickland per conto di Distiller

© Bruichladdich

Se siete dei bevitori abituali di whisky, sicuramente avrete incontrato una scritta sulla bottiglia che recita “non-chill filtered” (non filtrato a freddo), mostrata come fosse una medaglia d’onore. Oppure avete partecipato a una degustazione dove l’oratore si scagliava dal Sacro Pulpito del Whisky contro l’eresia dei whisky filtrati a freddo. “Eterna dannazione e ignominia a coloro il cui whisky sia stato strappato dal ventre della filtrazione a freddo! Quella roba spetta alle birre e alla vodka!”

Però… cos’è la filtrazione a freddo? È davvero una cosa negativa? Be’, la risposta è un po’ complicata e non priva di una certa confusione.

IL PROCESSO DELLA FILTRAZIONE A FREDDO

La filtrazione a freddo comporta proprio quello che ci si può immaginare, il distillato viene filtrato mentre è freddo.
Il procedimento si effettua così: il distillato viene diluito con acqua filtrata fin quasi alla gradazione desiderata per l’imbottigliamento, poi viene posto in una botte di raffreddamento dove viene portato a una temperatura vicina ai 0°C, e a quel punto il distillatore lo pompa attraverso un filtro.
Bene, ma questo ancora non spiega perché prendersi la briga di farlo.

Quando viene distillato uno spirito come il whisky, è composto in buona parte di etanolo e acqua, con l’aroma del whisky che proverrà principalmente dalla botte di invecchiamento. Ma piccole quantità di congeneri di sapori si creano anche durante la distillazione: questi congeneri sono esteri, alcoli superiori e così via. Ci sono anche diverse quantità di acidi grassi della fermentazione che passano negli alambicchi.

L’APPARENZA È TUTTO… OPPURE NO?

Alcuni di questi componenti, soprattutto acidi grassi ed esteri, formano una foschia nel distillato quando il grado alcolico viene fatto scendere, specie quando viene portato sotto il 46%, uno dei vari motivi per cui molti whisky di fascia alta abbiano una gradazione dal 46% in su. Raffreddando il whisky, questi componenti vengono estratti ancora di più e possono essere facilmente filtrati, consentendo al whisky una diluizione fino al 40% senza preoccuparsi dell’opacizzazione.

È soprattutto una questione di estetica, ma dato che la distilleria può imbottigliare a una gradazione inferiore senza rischio di opacizzare il distillato, può quindi avere più whisky da vendere (maggiori quantità di acqua portano a una gradazione inferiore, ma anche a un volume liquido maggiore).

Ma allora è fantastico, la distilleria ha più whisky da vendere e il consumatore ottiene un whisky dal colore più limpido: dov’è il problema?

IL SAPORE DEI WHISKY FILTRATI A FREDDO

I contrari alla filtrazione a freddo affermano come la rimozione di esteri e acidi grassi influisca sul sapore, ma su questo non ci sono ancora certezze. Alcuni pensano che tolga troppo sapore al whisky, altri affermano come invece lo esaltino. Ci sono stati diversi studi formali e informali su cosa sia meglio, ma pare che non si sia ancora vicini a una risposta definitiva. Buona parte di questi studi fa presente come in molti whisky la differenza negli aromi sia molto sottile, dimostrando come anche alcuni esperti di whisky facciano molta fatica a percepirne la differenza.

Comunque, alcuni noti produttori di whisky come Ian MacMillan ritengono che la filtrazione a freddo sia nemica degli aromi.
MacMillan, proveniente dalla Burn Stewart Distillers, aveva convinto l’azienda ad abbandonare la filtrazione a freddo su tutti i propri single malt e di portare la gradazione al 46,3%, compresi whisky molto noti come Bunnahabhain, Tobermory e Deanston. Fu deciso non solo per le edizioni speciali ma per TUTTI i single malt dell’azienda, compresi quelli di fascia bassa.

Quando iniziò i test sensoriali sulle versioni filtrate a freddo e non dei propri whisky, MacMillan e i propri assaggiatori trovarono ampie differenze tra le due categorie, con i whisky filtrati a freddo che avevano perso molto in aromi e sensazioni al palato. Ammise comunque che l’effetto della filtrazione a freddo non sia la stessa per tutti i whisky, dato che il livello di opacità non è sempre uguale, al punto che alcuni whisky possano esserne affetti maggiormente rispetto ad altri.

PERCHÈ NON ENTRAMBI?

Alcuni distillatori creano whisky sia filtrati a freddo che non, per esempio il 10 anni di Laphroaig è filtrato a freddo (e usa anche il colorante al caramello, ma di questo ne parleremo un’altra volta), mentre i whisky sopra i 10 anni di invecchiamento nel loro portafoglio come il Lore e il Triple Wood non sono filtrati a freddo. Questo significa che il 10 anni sia in qualche modo “inferiore” agli altri? Certamente no, l’unica domanda che dovreste farvi è “Mi piace?”.

Quindi, la filtrazione a freddo è davvero cattiva?
No, non proprio.
I consumatori hanno il diritto di aspettarsi un prodotto di bell’aspetto, e alcuni non gradiscono whisky che vadano troppo oltre i 40%, e per questi ultimi i whisky filtrati a freddo sono l’unico modo con cui un distillatore possa fornirgli un buon prodotto. Ovviamente, se seguite più la linea del “si fotta l’aspetto”, allora c’è un’ampia scelta di whisky non filtrati a freddo.
Il dibattito tra i due punti di vista difficilmente finirà presto, ma va bene così: se proprio si vuole stare a discutere, meglio sia su qualcosa di divertente come il whisky.


Il link all’articolo originale: Distiller.com

I diritti del pezzo originale di cui abbiamo realizzato la traduzione e le immagini sono proprietà dei rispettivi intestatari.

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