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A&G Selection Interviste

MWF: intervista ad Andrea Giannone

Intervista al co-fondatore del Milano Whisky Festival.

Una nuova intervista per il blog, questa volta con una vera colonna del whisky in Italia, il co-fondatore del Milano Whisky Festival, che in pochi anni è diventato un evento fondamentale per appassionati e professionisti del settore, e di uno shop online ben fornito con diverse chicche.
Ecco a voi… Andrea Giannone!

WHISKYART: Cominciamo dalla domanda più ovvia: come è nata la tua passione per il whisky?

Il whisky è sempre stato in casa, con i miei genitori che lo hanno sempre bevuto.
Ho cominciato a bere whisky quando avevo 20 anni, poi nel 1994 (a 27 anni) ho avuto la “bella idea” di comperarmi l’ufficio davanti al Barmetro di Giorgio D’Ambrosio che già frequentavo, ed è stata la “catastrofe”!

WHISKYART: Essendo stato “traviato” da giovane, il tuo percorso è stato da subito di esplorazione o l’approccio maturo al whisky è iniziato più tardi?

Ho esplorato molto per i fatti miei, ma Giorgio mi ha fatto appassionare, ho passato con lui in cantina pomeriggi a chiacchierare di distillerie e di bottiglie.

WHISKYART: Con l’ampia diffusione (e attenzione) che riceve il whisky ai nostri tempi, credi sia un percorso ancora possibile o l’offerta è così ampia da risultare dispersiva per un neofita?

Oggi è difficile, quando ho iniziato a bere whisky la maggior parte delle distillerie non imbottigliava, per esempio Ardbeg e Caol Ila, e forse lo facevano in 15, mentre oggi è una pratica comune a quasi tutti.
Poi in Italia sono arrivati tutti gli indipendenti scozzesi e sono nate nuove aziende da noi, in Germania, estremo oriente… per i neofiti consiglio sempre di iniziare dagli imbottigliamenti standard delle distillerie, poi da lì uno trova la sua strada.

WHISKYART: E poi, ci sono eventi fondamentali come il Milano Whisky Festival di cui tu mi pare sappia giusto qualcosina! Come ti è venuta l’idea di organizzarlo assieme a Giuseppe Gervasio Dolci?

Sono stato al primo Whiskylive di Londra nel 2001, poi a qualche altra manifestazione, e quando nel 2004 io e Giuseppe siamo stati assieme al Whiskylive, al ritorno abbiamo deciso che non volevamo più andare in giro, e ce lo siamo fatti nostrano!
Era il 2006, 330 persone in 2 giorni (una bella riunione condominiale), e lo scorso anno siamo arrivati a 5.365: la manifestazione è un po’ cresciuta!

WHISKYART: Il MWF è cresciuto sia come numeri che come autorevolezza, quali sono le difficoltà di mantenere l’organizzazione a questi livelli?

Ampliare l’offerta per il pubblico: l’anno scorso siamo passati a oltre 2000mq di spazio espositivo (prima erano 1.200) e ben 31 masterclass, e contiamo di arrivare a 3.000 mq con 50 masterclass nel giro di un paio di edizioni.

WHISKYART: E non avete solo il MWF, ma anche una linea di imbottigliamenti di vostra produzione, la A&G Selection: come è nata l’idea e come scegliete le botti?

Con Giuseppe abbiamo iniziato a imbottigliare nel 2002 come “Collecting Whisky”, la nostra prima associazione, con un Brora che ci imbottigliò Gordon & MacPhail, poi abbiamo continuato anche con imbottigliamenti per il Milano Whisky Festival e con l’etichetta The Way of Spirits.
Nel 2018 abbiamo deciso di creare il brand “A&G” con i primi imbottigliamenti di Glenburgie, Caol Ila e Royal Brackla.
Per la scelta dei barili, purtroppo non è più come una volta.
Facciamo un po’ di chiarezza, le distillerie raramente vendono barili da far invecchiare, per cui oggi si acquistano da broker o da imbottigliatori indipendenti, il più delle volte al buio.
Ricordo i primi anni del secolo quando andavo da Douglas Laing, G&M o James MacArthur e passavo pomeriggi interi con Micheal Urquhart, Stewart Laing, Arthur Winnings ad assaggiare, e potevi comperare quello che volevi: ho imbottigliato Brora, Port Ellen, Ardbeg, Macallan.
Oggi è impensabile, alcuni whisky sono introvabili, altri hanno prezzi folli per cui chi imbottiglia non ha molte scelte come una volta. Con Giuseppe acquistiamo barili da 10 anni, ogni tanto assaggiamo qualcosa e se ci piace ce lo imbottigliamo, a volte si litiga un po’, ma fa parte del gioco.
Leggo troppo spesso di questi imbottigliatori indipendenti che riscoprono le distillerie meno conosciute, con Ardbeg, Laphroaig, Macallan che NON ti vendono barili per cui imbottigli quello che trovi: se ci fossero Laphroaig, Lagavulin, Ardbeg, Macallan, Bowmore, Clynelish, Mortlach ecc. ecc., ci sarebbero molti meno imbottigliamenti di distillerie meno conosciute.
Inoltre, tutti a dire, eh, ma gli imbottigliatori di una volta… una volta andavi da Gordon & MacPhail e se volevi 100 barili di Bowmore te li vendevano! Ma ora basta se no mi infervoro!

WHISKYART: La speculazione e l’attenzione anche esasperata verso il collezionista, con edizioni sulla carta limitate che tali non sono o confezioni iper-lusso, credi possano portare (o abbiano già portato) danni al settore a lungo andare? Penso a tanti settori che vivono della passione dei propri clienti, come quello del fumetto che conosco abbastanza bene, dove ci sono state “bolle speculative” con continue edizioni speciali roboanti che, a distanza di anni, non valgono più nulla.

Amo le limited edition perché poi il prodotto è irreplicabile.
È assurdo che vengano vendute a certi prezzi, un po’ come le varie edizioni OB di Port Ellen, le cui ultime sono uscite sul mercato già a prezzi folli: se tutte le bottiglie di PE delle Special Release fossero messe sul mercato, le ultime non varrebbero nulla perché sono ancora tutte sigilliate a casa dei collezionisti.
Fino alla nona si comperavano e si bevevano, ricordo un pomeriggio con Giorgio in cui abbiamo aperto dopo pranzo una quinta release, non ha visto il tramonto ed era inverno!
Alcune bottiglie hanno subito un calo ma è fisiologico, il trend è comunque in crescita, a differenza di altri beni da collezione il whisky lo consumi, i francobolli o i fumetti sono difficili da digerire.

WHISKYART: Finita questa crisi legata alla pandemia, pensi che il mondo del whisky tornerà come prima o cambierà qualcosa?

Spero proprio non cambi nulla altrimenti vorrà dire che non ne siamo usciti bene, cross fingers!

WHISKYART: Delle tante distillerie che sono nate di recente, e penso non solo alla Scozia ma anche a Irlanda, Gran Bretagna o paesi inaspettati come Israele e Francia, ce n’è qualcuna che ti abbia colpito particolarmente o che segui con interesse?

È ancora presto, bisogna aspettare che il whisky invecchi.
Andai alla Wolfburn sei mesi dopo che aprì, mi fecero assaggiare un 6 mesi d’invecchiamento in sherry quarter cask, era eccezionale, ma quelli successivi mi hanno tutti deluso.
Sono dell’idea di aspettare, Kilchoman per esempio adesso ha una sua identità, ma ci sono voluti 15 anni. Sono comunque curioso e se posso assaggio volentieri cose nuove, mi aspetto grandi cose dagli irlandesi, ma sono whisky molto costosi.

WHISKYART: C’è qualcosa che vuoi dire a tutti gli appassionati di whisky che ci leggono, confinati nelle loro case?

Visto che hanno tempo, possono fare delle degustazioni alla cieca, si facciano riempire 3/4 dram diversi a caso da qualcuno, e se li assaggiano in tranquillità sicuramente ne vedremo delle belle!
Le degustazioni alla cieca sono le più belle, dando anche un voto (da 1 a 10), ci saranno belle sorprese!

Le altre interviste nel blog:
Redrum: intervista a Diego Galuppi
Atlas – Whiskyteca & Rumteca: intervista a Lorenzo Lutti
Love Craft: intervista a Gabriele Guazzini
Blackadder: intervista esclusiva con Hannah Tucek
Big Peat: due chiacchiere con Fred Laing
Compass Box: intervista a John Glaser

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