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Bruichladdich Isola di Islay Scozia Whisky dai 100 ai 200 euro

Octomore 09.1

Recensione dell'Octomore 09.1 Dialogos di Bruichladdich.

Provenienza: Islay (Scozia)
Tipologia: Single Malt Scotch Whisky
Gradazione: 59,1%
Botti di invecchiamento: Ex Bourbon
Filtrato a freddo: No
Colorazione aggiuntiva: No
Proprietà: Bruichladdich (Rèmy Cointreau)
Prezzo: € 155,00 su WhiskyItaly
Sito web ufficiale: www.bruichladdich.com
Valutazione: 87/100

Estremo.
Abbiamo già parlato in altre tre occasioni del percorso altamente territoriale intrapreso dalla Bruichladdich (trovate i link in calce con tutte le informazioni possibili sulla distilleria), ma non avevamo ancora avuto occasione di recensire una delle iterazioni del loro prodotto più sperimentale, l’ultratorbato Octomore.
Dell’Octomore infatti escono anno per anno dei batch con diversità produttive anche notevoli, a partire ovviamente dal lavoro sull’orzo e sull’affumicatura che è al cuore dell’operato di questa distilleria. Ogni annata esce anche con un tema, in questo caso Dialogos sottolinea la volontà della distilleria di far dialogare terroir, orzo, torba e legno.

Di cosa parliamo quindi con questo primo batch del nono anno di uscita? Di un qualcosa di assolutamente particolare: 100% orzo scozzese varietà Concerto, 156 ppm di affumicatura, 5 anni di invecchiamento in botti ex bourbon di cui è nota la percentuale di origine (51% Jim Beam, 26% Jack Daniel’s, 15% Clermont, e 8% Old Grand-Dad), e ben 59,1% di alcol a piena forza per 42.000 bottiglie.
In cosa si traducono questi numeri? Be’ vi ricordo che i già torbatissimi Ardbeg e Port Charlotte hanno sui 40 ppm, 46-50% di alcol, e dieci anni di invecchiamento, mentre qui siamo a quasi il quadruplo di fenoli e alla metà di anni in botte.
Sulla carta sembrerebbe quindi un whisky davvero estremo. Sulla carta. Ora vediamo com’è alla prova dei fatti.

Note di degustazione

Alla vista si presenta in una chiara tonalità di giallo paglierino.
Dopo adeguata areazione, inizio lentamente l’avvicinamento al naso per timore reverenziale nei confronti dei suddetti numeri, ma sono piacevolmente sorpreso: i sentori sono sì caratterizzati, ma non estremi o intollerabili. La coltre alcolica è notevole, ma non disturba per niente, nemmeno con un leggero pizzicore al naso. E, come per i Port Charlotte fin qui recensiti, la torbatura è impossibilmente delicata: in questo caso ricorda più un elegante tè affumicato che un fumoso pezzo di torba. Dopo poco lascia passare intense note di malto e biscotto, sintomo di gioventù, ma che ben si configurano in una gustosa sensazione di scones. Più in fondo ritorna la torba con una intrigante, anche se un pelo stordente, nota oleosa di rosa canina, seguita poi da terra umida e dal ritorno della torba e dell’alcol che costringono infine a distogliere il naso dal bordo del bicchiere. Insomma, un naso davvero particolare e difficile, con alternanza di sentori facili e mielosi a durezze peraltro lontane dalla tradizionale idea di torba degli Islay.

Bene, visto che siamo sopravvissuti al naso, procediamo senza indugio con la degustazione: consiglio vivamente di usare il metodo delle cinque gocce per non farsi un’idea sbagliata di questo Octomore.
Visti i quasi sessanta gradi, al palato risulta ovviamente intenso, ma se affrontato nel giusto modo è possibile non farsi saturare le papille solo dall’alcol e riuscire ad assaporarlo nella sua complessità. Anche da questo punto di vista non è un whisky facile, ma non è nemmeno estremo: richiede solo attenzione. Il sorso parte infatti con un’avvolgente oleosità che immediatamente ricopre l’intero palato per poi iniziare a distribuire intense sferzate di torba vanigliata che ripropongono l’ottima combinazione dei toni maltati e fumosi del naso. Il sorso è lungo, l’alcol satura la gola e bisogna ben distanziare i sorsi, magari alternandoli a un po’ d’acqua, per poterli gustare appieno. Ritorna infatti quella nota terragna, di rosa, forse anche con una zest di zenzero e di buccia d’arancia, ma non c’è nulla di immediato e predominante. La chiusura è però giovane: c’è dell’anisette, della ceralacca, del tostato, ma il carattere spiritato prende a dominare e denota il poco invecchiamento.
Chi si aspetta una bomba torbata all’ennesima potenza rimarrà forse deluso: è un whisky in realtà molto elegante e ben poco in linea con l’idea machista che può provenire da una lettura superficiale dei numeri di produzione. Allo stesso tempo è anche un whisky giovane: i sentori ci sono, e non sono affatto male, ma non sono perfettamente integrati nella trama del distillato, e si alternano in ondate che lasciano tanto sorpresi quanto interdetti.

Interessante, particolare, franco, ma non perfetto, e ovviamente bisogna considerare il prezzo (e il fatto che questo batch non sia poi così limitato viste le 42.000 bottiglie). Se però volete testare le vostre capacità degustative, gli Octomore sono tappa obbligata, e questo ne è un buon punto di partenza in attesa dell’arrivo di quelli del decennale, tra cui il 10.3 che sarà il primo whisky al mondo realizzato a partire da una annata di raccolto di un particolare cru di orzo di Islay.

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