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Douglas Laing & Co. Interviste Isola di Islay Scozia

Big Peat: due chiacchiere con Fred Laing

Un'intervista al creatore di Big Peat.

Un’intervista di Thijs Klaverstijn per conto di Distiller.

Douglas Laing & Co, uno degli imbottigliatori di Scotch leader al mondo, è in attività da oltre settant’anni, e questa azienda a conduzione famigliare ha mostrato una crescita notevole nei tempi recenti, non ultima grazie alla linea Remarkable Regional Malts.
Questa serie è una collezione di blended malt basati sulle diverse regioni del whisky scozzese, e la bottiglia più emblematica di questa linea è il robusto, graffiante e torbato Big Peat, il primo a uscire della serie che celebra quest’anno il proprio decimo compleanno.
Ed è un whisky così caratterizzato che negli uffici di Glasgow della Douglas Laing & Co. ne parlano come fosse una persona!

Il termine “dirompente” viene usato spesso nelle campagne di marketing contemporanee, ma Big Peat può tranquillamente definirsi come uno dei primi whisky dirompenti nella categoria degli Scotch.
Ancora oggi lo Scotch viene associato a poltrone vittoriane accanto al fuoco di un camino, e anche se questa immagine sta lentamente cambiando nell’immaginario collettivo, dieci anni fa l’idea di un personaggio disegnato come quello di Big Peat da apporre sull’etichetta di un whisky, per molti era davvero spingersi troppo oltre.

PRESENTIAMO FRED LAING

“Molti dicevano che non potevano acquistarlo, per esempio i nostri esportatori, e ai festival di settore la gente non lo beveva dalla bottiglia. Inizialmente ho dovuto mandarne delle casse gratuitamente, dicendo: ‘Siete della vecchia generazione come me, ma vi chiedo di ricordarvi che ne esiste una più giovane per cui la vita è ancora divertimento’.”

Sono le parole di Fred Laing, mentre ricorda il lancio di Big Peat: è il Presidente e capofamiglia dell’azienda. Guida la Douglas Laing & Co, l’azienda fondata dal padre, assieme alla figlia e Direttrice dei Whisky, Cara Laing, e suo genero e CEO, Chris Leggat.

Quella che segue è un’intervista a Fred Laing realizzata di recente da Distiller, in cui abbiamo parlato con lui del suo amato Big Peat, dell’inclusione di Port Ellen e della sua affezione per il blending.

DISTILLER: QUANDO HA PENSATO PER LA PRIMA VOLTA A BIG PEAT, DIECI ANNI FA, SI ASPETTAVA CHE AVREBBE RICHIAMATO UN TALE NUMERO DI FAN?

Laing: “No, è stato solo quattro o cinque anni fa che me ne sono accorto: quando ti trovi con persone che amano a tal punto Big Peat da farsene un tatuaggio su un braccio o una gamba, allora ti rendi conto che questa passione è vicina all’essere diventata un vero e proprio culto. Esiste persino un gruppo che si fa chiamare “I nerd di Big Peat”: si sono ritrovati qui per una cena celebrativa qualche mese fa, venendo da ogni dove. È bellissimo per noi vedere un interesse così vivo.”

DISTILLER: RICORDA COSA L’ABBIA PORTATA A IMMAGINARE BIG PEAT?

Laing: “Al tempo, i ragazzi dell’azienda di design che lavora per noi non potevano permettersi il prezzo molto alto a cui vendevamo l’imbottigliamento commemorativo di Port Ellen per i nostri 60 anni, e mi chiesero di descrivere loro i sapori. Nel farlo, le parole “big peat” mi restarono impresse.

E quindi gli dissi, ‘Per favore, disegnatemi un grosso pescatore di Islay che è appena sceso dalla propria barca.’ Il designer mi creò Big Peat, ma era sorridente, e allora gli dissi in tono scherzoso, ‘No, sta per rivedere sua moglie, quindi gli serve un bel bicchiere di un forte whisky di Islay.’ A quel punto, cancellò il sorriso e disegnò al suo posto la smorfia Big Peat.”

DISTILLER: UN DISEGNO NON CREA UN WHISKY. COME HA DATO DAVVERO VITA A BIG PEAT?

Laing: “Assieme a Jan Beckers, al tempo nostro ambasciatore del whisky, mettemmo in fila tutti i diversi whisky di Islay che avevamo, e cominciammo a sperimentare con percentuali diverse. Dato che gli scozzesi dell’ovest hanno un debole per i sapori zuccherosi, mi sono ritrovato con una specie di versione più dolce di un malto di Islay, ma con ancora tutta la polvere di carbone, la fuliggine del camino e la cenere da falò che volevo.”

DISTILLER: PARTE DELLA LEGGENDA DI BIG PEAT RISIEDE NELLA PRESENZA DI PORT ELLEN NELLA RICETTA, UN’ICONICA DISTILLERIA ORMAI CHIUSA.

Laing: “Ovviamente avevamo più scorte di Port Ellen dieci anni fa, ma oggi posso aggiungere Port Ellen con maggiore sicurezza di prima. Dato che le nostre botti arrivano fino ai 35 e 36 anni di età, ho notato come abbiano perso un po’ delle grandi influenze fenoliche, iodate e marine, e per rendere giustizia ai nostri single cask, non posso usarle per la vendita diretta. Ma resta comunque un nome molto attraente da mettere in etichetta. Non ti dirò la percentuale di Port Ellen nel Big Peat: non è grande, ma di sicuro c’è.”

DISTILLER: COSA LE DÀ PIÙ SODDISFAZIONE: TROVARE UNA GEMMA PER UN SINGLE CASK O TROVARE LA RICETTA GIUSTA PER UN BLENDED MALT?

Laing: “Potrei scrivere fiumi di poesie sulla bellezza dei single cask nel whisky: adoro l’effetto che madre natura infonde tramite la quercia. Ovviamente anche i malti miscelati mi danno grande soddisfazione, non solo per il processo creativo nel nome e nella confezione, ma anche per il matrimonio delle distillerie che si scelgono. Credo ci sia forse più soddisfazione personale nel vedere il risultato dell’unione dei vari malti.”

DISTILLER: AVEVATE DECISO FIN DALL’INIZIO DI PRODURRE UN BLENDED MALT PER OGNI REGIONE?

Laing: “Big Peat è nato dal cuore e per divertimento, Scallywag, il nostro secondo malto regionale, ha avuto un processo simile, ed è basato sul nostro fox terrier. Poi è subentrata l’anima del commercio e mia figlia Cara pensò che il tema si potesse sviluppare oltre. Ci sembrò quindi sensato creare Timorous Beastie, Rock Island, Epicurean e più di recente The Gauldrons, un vatted malt da Campbeltown.”

DISTILLER: COSA SERBA IL FUTURO PER BIG PEAT?

Laing: “Riteniamo che abbia un grande futuro. Continuiamo a investire molto nella relazione con le distillerie di Islay che abbiamo scelto, e ci divertiamo molto anche con le edizioni speciali di Big Peat: abbiamo creato imbottigliamenti speciali per Olanda, Giappone, Parigi, Edimburgo, Berlino e Londra. È uno spasso mettergli addosso un maglioncino per Parigi o una maglia da rugby per la Coppa del Mondo in Giappone. Credo che anche il mercato statunitense potrebbe avere uno dei nostri speciali nei prossimi anni.”


Il link all’articolo originale: Distiller.com

I diritti del pezzo originale di cui abbiamo realizzato la traduzione e le immagini sono proprietà dei rispettivi intestatari.

Le altre interviste nel blog:
Compass Box: intervista a John Glaser

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