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Ballantine's Blended scozzesi Scozia Whisky da 0 a 50 euro

Ballantine’s Finest

Recensione del Ballantine's Finest, un altro blended molto popolare.

Provenienza: Scozia
Tipologia: Blended Scotch Whisky
Gradazione: 40%
Botti di invecchiamento: Ex bourbon
Filtrato a freddo:
Colorazione aggiuntiva:
Proprietà: Pernod Ricard
Prezzo indicativo: € 14,00
Sito web ufficiale: www.ballantines.com
Valutazione: 49/100

Torniamo a parlare dei whisky “popolari” con un altro blended molto noto e molto reperibile in qualunque supermercato, anche sotto casa.
È tra gli Scotch più venduti al mondo, ma ovviamente il fatto che costi poco non avrà nulla a che vedere con questo successo…
La famiglia Ballantine da cui prende il nome l’etichetta gestiva un negozietto di alimentari a Edimburgo fin dal 1827, ma è con il passaggio della bottega dal fondatore ai figli Archibald e George Jr. che questi iniziano a produrre il proprio blend (in una storia non dissimile a quella del Chivas Regal), fino ad arrivare alla seconda metà dell’ottocento quando nasce la “George Ballantine and Son Ltd”.

È il piccolo George Jr. a far fiorire l’attività, che verrà ceduta con ampio profitto alla Barclay and McKinlay nel 1919, che a sua volta vendette nel 1937 a Gooderham & Worts; questi ultimi ricevettero un anno dopo il prestigioso riconoscimento del Grant of Heraldic Arm (tuttora presente in etichetta), consacrando la George Ballantine & Son come “l’incarnazione della Nobiltà di Scozia”.
Gli affari andavano a gonfie vele, portando all’acquisto di due distillerie per sostenere la produzione (Miltonduff e Glenburgie) e alla fondazione di un’altra a Dumbarton (che restò in attività fino al 2002).
Il marchio Ballantine’s divenne ampiamente riconosciuto e apprezzato in Europa come in tutto il mondo, ed è dal 2005 saldamente nelle mani di Pernod Ricard.
Oltre alla presente, esistono altre sei edizioni nel core range dell’etichetta: un altro NAS (il Limited), il 12yo, 12yo Pure Malt, 17yo, 21yo, 30yo e 40yo.

Note di degustazione

Ovviamente whisky con colorante, portandolo a un’ambra dorata come sempre utile per evocare un distillato agée.
Al naso arriva prepotente l’alcol, quello per pulire, che cerca di nascondere un aroma non malvagio di amaretto, frutta secca e fette biscottate. Ma è tutto molto schiacciato e sferzato da questa presenza sintetica e fastidiosa, che alla fine prevale e cancella ogni buona intenzione. Peccato.
Al palato l’alcol per fortuna si fa un po’ da parte, facendo emergere vaniglia, ancora amaretto, frutta secca e arancia candita. Tutto molto dolciastro e anche difficile da discernere, in un profilo che risulta (e vuole essere, sia chiaro) superficiale e beverino, come è giusto che sia visto il mercato di riferimento. Peraltro, anche alla bevuta la stizzosità alcolica del naso si infiltra a rompere il già precario equilibrio del gusto.
Finale cortissimo, evanescente, un’impronta di dolce alcolico come un babà da discount.

Nessuno può aspettarsi e tanto meno pretendere complessità e profondità da un imbottigliamento creato per la distribuzione di massa e a un prezzo così popolare: si riceve per quel che si spende, ed è poco.
Pochissimo.

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