WHISKY MAKER DI COMPASS BOX
Realizzata da Thijs Klaverstijmn per conto di Distiller.
Compass Box, produttore e imbottigliatore di Scotch, è in attività da quasi vent’anni, periodo nel quale si è fatto un nome grazie alla propria creatività, innovazione e capacità di sfidare le regole comunemente accettate del whisky — in particolare la politica sulla trasparenza.
Ha saputo deliziare gli appassionati di whisky con creazioni come The Spice Tree, Flaming Heart e This Is Not A Luxury Whisky, tra le altre.
Allo stesso tempo, Compass Box ha aiutato a portare di nuovo l’attenzione sui blended malt, una categoria che è stata messa in ombra da single malt e blended whisky. John Glaser, fondatore di Compass Box che si autodefinisce “whiskymaker,” ha dimostrato di essere un blender esperto, imparando da alcuni dei migliori del settore.
Originariamente, Glaser aveva pensato a una carriera nell’enologia, ma quando gli venne offerta una posizione da Johnnie Walker, non poté rifiutarla—pur avendo ancora l’intenzione di finire prima o poi nella sezione enologica di Diageo. Le cose però sono andate in modo diverso, finendo per innamorarsi degli Scotch e dell’idea del blending inteso come arte creativa.
Abbiamo chiesto a Glaser di fornirci uno spaccato sul suo processo creativo, dove ci ha spiegato come trovare quella sfuggente “deliziosità” in ognuna delle sue creazioni.
DISTILLER: Raccontaci come sei passato dal vino al whisky.
Nel mio primo viaggio in Scozia mi sono ritrovato in una blending room con Maureen Robinson, che è tuttora una dei senior blender principali di Diageo. Lungo la stanza c’erano degli scaffali con dei bicchieri: ogni bicchiere conteneva una piccola quantità di whisky, con un vetro sopra. C’erano un grosso cilindro graduato e piccole bottiglie con campioni ovunque. Stava annusando tutti i whisky, e per uno come me con un background nell’enologia, dove il blending di varietà di uva e vigneti è cosa comune, fu una vista molto affascinante.
DISTILLER: Come si è evoluta in seguito la tua fascinazione?
In pratica iniziai a fare blending a casa, e parliamo di 25 anni fa. Iniziai con quella che all’epoca sarebbe stata considerata una collezione di whisky abbastanza ridicola, e creavo i blend direttamente dalle bottiglie di whisky che mi compravo, o dai campioni che ottenevo dall’azienda.
DISTILLER: Cosa cercavi di ottenere all’epoca?
Non ricordo le ricette di allora, ma cercavo di creare qualcosa che fosse mio e che avesse un bel sapore. Creavo piccoli vatting e li imbottigliavo, regalandoli ad amici e parenti. Ma poi Johnnie Walker si trasferì a Londra, e tra le mie responsabilità c’era lo sviluppo dei prodotti: fu allora che il blending iniziò a entrarmi nel sangue, imparando da Maureen e dal master blender di Johnnie Walker, Jim Beveridge.
DISTILLER: Quanto si può imparare? O l’arte del blending è un talento innato?
Molti nascono con un naso molto sensibile. Ottenere un olfatto molto capace comporta concentrazione, prove continue e apprendimento: si impara il vocabolario e cosa aspettarsi. Annusare e valutare sono solo una parte di quel che serve: quella del blending, la creazione, è fondamentalmente intuizione, che si sviluppa con il tempo. Ripensando ai miei primi passi, parlavo di whisky definendoli deliziosi, e la gente mi rispondeva, ‘Delizioso non è un aggettivo per i whisky.’ E perché no? I grandi whisky possiedono una deliziosità che ti fa desiderare un altro sorso.
DISTILLER: Il termine “delizioso” è molto soggettivo, ovviamente.
Certo, è questa la cosa interessante. Ma credo che ci siano delle verità di base a riguardo di cosa noi, come gruppo di persone, desideriamo bere di più. Se verso un Clynelish di 15 anni da una botte ex bourbon first-fill in un bicchiere, e in un altro metto un distillato di due anni da un’azienda locale, che sta ancora imparando come distillare, uno di questi avrà qualcosina di più, qualcosa che ti rimanda al passato. C’entra l’umami? Non lo so.
DISTILLER: Cosa ti rende capace di creare un blended malt di successo?
Se c’è una cosa in cui sono bravo è capire cosa piaccia e trovino delizioso in un whisky le persone che sono cresciute nel mio stesso contesto culturale. L’arte del blending ha un aspetto tecnico, ma si sviluppa l’intuito per ciò che accade quando si lavora su certi whisky. Deve esserci la comprensione di ciò che stai cercando di ottenere, e se qualcosa sia davvero buono o solo passabile. È questa la grande sfida di Compass Box. Cerchiamo di trovare un equilibrio di sapori e deliziosità.
DISTILLER: Potresti spiegarci come crei un nuovo whisky?
È un processo creativo, questo è sicuro. Si parte con un’idea e con ciò che pensiamo possa renderla speciale e diversa da tutto ciò che ci sia già in commercio. Interveniamo solo sui dettagli? Questa è solo una delle strade. Magari prendiamo un elemento di base e iniziamo ad aggiungerci altre cose per andare in direzioni diverse. A volte prendiamo due o tre strade allo stesso tempo, continuando a modificare dettagli e iterazioni. Alla fine, ti ritrovi un po’ come se solo una di queste strade ti mostri la via giusta. A volte, anche se non sempre, stai seguendo un percorso e ti viene questa illuminazione, che ti coglie del tutto di sorpresa. Tipo, ‘c’è troppo sherry, aggiungiamoci un po’ da questo barilotto refill, giusto per riequilibrare lo sherry.’ E scopri che non solo ha riequilibrato lo sherry, ha anche rivelato un nuovo aspetto. Quindi è un processo di iterazioni continue e di creatività allo stesso tempo.
DISTILLER: Hai dei consigli per chi fosse interessato al blending e volesse fare delle prove a casa?
Mi piace incoraggiare la gente a provare il blending in casa, perché è divertente e lo facevo anch’io: puoi creare dei whisky che siano solo tuoi. Continuate a fare tentativi, e soprattutto, rendeteli deliziosi. A volte quando realizziamo delle cose da soli, non riusciamo a vederle lucidamente. Io faccio del vino ogni anno da un grande vigneto del mio giardino, ed è orribile, ma ne sono cosciente. Siate obbiettivi rispetto a ciò che fate, cercate la deliziosità e cercate di capire come arrivarci.
Il link all’articolo originale: Distiller.
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